La Pasqua, che viene festeggiata nei tre giorni del Triduo, letteralmente "esplode" nell'ultimo dei tre giorni, che diventa il "primo" del tempo pasquale, per sette settimane, fino a Pentecoste.
La Misericordia del Padre, attraverso il Figlio, diventa dono dello Spirito, per tutti.
L'unicum del mistero di Dio - il suo passare e dimorare tra gli uomini - si concentra in un punto e si dilata in un "ovunque". Così la struttura del tempo pasquale - che la Chiesa eredita soprattutto da Luca - non dimentica la concentrazione di Giovanni e di Matteo: come per questi la Pasqua è la Pentecoste - e il "restare per sempre" non comporta alcuna "ascensione" - per quello la testimonianza del Risorto comporta una "assenza" e una "presenza" che diventa "successione" di Resurrezione, Apparizioni, Ascensione, Pentecoste.
Il "tempo pasquale" è lo "sviluppo cronologico" del Kairos di misericordia che la Resurrezione manifesta - misteriosamente - alla speranza e alla fede degli uomini.
il Signore risorto, diversamente dal Gesù storico, non può più essere sfigurato: può essere solo riconosciuto nell'amore. Ed è l'amore che, nutrendo fede e speranza, diventa il "tema" di cui le variazioni pasquali sono la progressiva identificazione, nello Spirito, della Chiesa con il Corpo di Cristo.
Vi è, nel tempo pasquale, un duplice aspetto da considerare: da un lato l'esperienza del "dono gratuito" per eccellenza, la grazia incarnata, vissuta e trasfigurata; ma dall'altro, la "recezione del dono", il "lavoro ecclesiale", la traduzione del lavoro in compito, in testimonianza, in forme di vita. La presenza di una "lectio semicontinua" del libro degli Atti di Luca indica bene questa dimensione di "elaborazione del dono": le "prassi" degli apostoli entrano a far parte del "deposito", non per sostituirsi alla parola, ma per attestarla, farla fruttare, renderla trasparente, annunziarla a tutti.
Il disegno di grazia e di misericordia diventa non solo "dono di Dio", ma "vita degli uomini", delicata ma decisiva mistagogia.
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