Siamo qui, o signore Gesù.
Siamo venuti come i colpevoli
ritornano sul luogo del delitto,
siamo venuti come colui che Ti ha seguito,
ma Ti ha anche tradito,
tante volte fedeli e tante volte infedeli,
siamo venuti
per riconoscere il misterioso rapporto
fra i nostri peccati e la Tua Passione:
l'opera nostra e l'opera Tua,
siamo venuti per batterci il petto,
per domandarti perdono,
per implorare la Tua misericordia,
siamo venuti
perchè sappiamo che Tu puoi,
che Tu vuoi perdonarci,
perchè Tu hai espiato per noi.
Tu sei la nostra redenzione
e la nostra speranza.
Paolo VI
PER RIFLETTERE
Della Croce si può dire ciò che Sant'Agostino affermava dell'Eucarestia: «Ciò che vedete sull'altare è il pane e il calice; invece con la fede è Corpo e Sangue di Cristo, altro si vede altro si capisce».
Marco e Luca raccontano che, mentre conducevano Gesù al Golgota per crocifiggerlo, i soldati misero la croce addosso a un certo Simone di Cirene. Tutti i presenti si ritennero fortunati di non essere costretti a portare il patibolo; ma a nessuno di loro fu dato il privilegio di condividere con Gesù il martirio e di partecipare nel modo più intenso e diretto alla redenzione del mondo.
È privilegio soffrire o essere esenti dalla sofferenza? Secondo il modo di pensare degli uomini, soffrire è un'umiliazione della dignità della persona. Alla luce del Vangelo, è una grazia soffrire. Le ore buie, i tempi di crisi, l'incontro con malattie senza via di uscita, fanno parte integrante della vita. Questi momenti difficili forgiano l'uomo e il cristiano; sono tirocinio efficace e necessario per forgiare personalità forti e cuori sensibili alla sofferenza altrui. Purtroppo viviamo in un contesto culturale in cui la Croce non è capita, è rifiutata, è rinnegata.
È compito dei cristiani reincantare la vita; ascoltare le voci del futuro nei lamenti del presente; contemplare l'alba in una notte oscura, iniettare luminosa speranza nel grigiore dei giorni. Paolo non ha difficoltà a confessare: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione». In realtà, non c'è niente al mondo più fecondo della sofferenza. Gesù ci ha ricordato che dal chicco marcito tra le pieghe oscure dei solchi nasce la turgida spiga, e che dalla sofferenza di un grembo materno sgorga la gioia della vita. Ma per amare la croce non è necessario che la tribolazione bussi alla nostra porta. C'è una croce da abbracciare; c'è una croce da cercare con amore, con la fedeltà al dovere, con la sobrietà del vivere quotidiano, con la rinuncia al di più, con i gesti di solidarietà e di aiuto a chi soffre, con l'impegno di vivere il Vangelo fino in fondo: la croce non è sorte di pochi, ma vocazione di tutti.
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