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feb 19 2011
L'Università della Gelmini PDF Stampa E-mail
Scritto da Angela Fariello   
sabato 19 febbraio 2011

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Nel clima pesante di un'Italia attraversata da proteste e scontri e costellata dai tetti occupati di università, stazioni, monumenti e strade, lo scorso 23 dicembre è stata approvata al Senato la contestatissima riforma dell'Università proposta dal Ministro Mariastella Gelmini.

Lo scenario in cui la riforma si è inserita è quello di un'Italia con 95 atenei con più di 326 sedi distaccate, 327 facoltà con soli 15 iscritti, 37 corsi di laurea con uno studente. Molti gli atenei famosi per i troppi soldi spesi che hanno lasciato a Siena, Firenze, Bari, Cassino e Trieste clamorosi buchi di bilancio. A Messina il 40% dei professori ha un omonimo in altre università della regione, a Napoli siamo al 35% , a Roma al 30%. A Palermo, nella facoltà di Medicina, 58 docenti sono imparentati tra loro.

La riforma Gelmini si presenta proprio come una dichiarazione di guerra al sistema di "parentopoli", indubbiamente dilagante nell'Università italiana. Allo stesso tempo è stata annunciata come una lotta agli sprechi, un'occasione per fornire maggiore autonomia all'università a fronte, però, di una forte responsabilità finanziaria a cui gli atenei dovrebbero far fronte attraverso un sistema di sponsor.

Cerchiamo, a questo punto, di capire meglio le novità introdotte dalla legge, positive o negative che siano.

 

Per quanto riguarda i professori, gli ordinari dovranno svolgere attività formativa, certificata, per almeno 1.500 ore nel corso di un anno solare, di cui almeno 350 dovranno essere dedicate alla didattica. I docenti a tempo determinato, invece, dovranno garantire 750 ore di attività e di queste almeno 250 spese per la didattica. Sarà introdotta anche una valutazione triennale per tutti i professori: se sarà negativa, niente aumento di stipendio. Introdotta l'abilitazione nazionale come condizione per l'accesso all'ordinariato, attribuita da una commissione nazionale. Il ddl prevede, anche, interventi volti a favorire la formazione e l'accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica come l'abolizione delle borse post dottorato sottopagate e prive di diritti, la distinzione fra reclutamento e progressione di carriera e la revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele.

 

La nuova figura di ricercatore ha la possibilità di accedere all'insegnamento attraverso due contratti triennali: solo se vince il concorso da docente associato, nel secondo triennio, rimarrà in seno all'università; in caso contrario non potrà più continuare l'attività accademica. L'accesso alla docenza non prevede deroghe o sanatorie per i circa 20mila attuali ricercatori a tempo determinato.

 

La riforma Gelmini punta ad incentivare la fusione degli atenei più piccoli: l'intento è quello di ridurre le spese e migliorare l'offerta formativa. Previste  non più di 12 facoltà in ogni università. Cambierà anche qualcosa negli incarichi dei rettori: la riforma prevede che possono restare in carica per al massimo due mandati da quattro anni ciascuno. Il senato accademico potrà sfiduciare il rettore con il 75% dei voti. Le Università avranno la possibilità di trasformarsi in fondazioni private: si tratta, ha sottolineato il Ministro, di una scelta libera dell'ateneo, che deve essere approvata dalla maggioranza del senato accademico.

 

Per quanto riguarda, invece, il diritto allo studio, la riforma prevede una delega al Governo per riformare la legge 390/1991, in accordo con le Regioni per spostare il sostegno direttamente agli studenti e favorire la mobilità e l'accesso agli studi. Sarà inoltre costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di studio e per gestire, su base comune e con tassi molto bassi, i prestiti d'onore. Rimarranno in vita le attuali borse di studio rivolte agli studenti meno abbienti.

 

A causa dei tagli operati da Giulio Tremonti, Ministro dell'Economia e della Finanza, il vero problema è costituito dalla questione dei finanziamenti. L'attuale 7% dei fondi che lo Stato trasferisce alle università verrà erogato solo se l'Agenzia nazionale di valutazione dell'Università darà l'assenso. Questo sarà accordato solo dopo aver valutato i singoli atenei secondo i criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito. Per gli atenei in rosso scatterà automaticamente il commissariamento

 

Altre novità riguardano la presenza di un Consiglio d'Amministrazione che avrà la responsabilità delle assunzioni e delle spese. La figura del direttore amministrativo verrà sostituito da quella del direttore generale che avrà compiti di responsabilità, come un vero e proprio manager di ateneo.

 

Abbiamo chiesto a studenti universitari futuri, attuali ed ex, un'opinione su questa riforma.

 

Molti hanno risposto di non essersi interessati da vicino alla questione e di averne letto qualcosa sommariamente. Qualcuno, proprio a causa delle proteste ha cercato di documentarsi alla questione. Secondo Francesco, 22 anni, la riforma in atto sta cambiando negativamente l'apparato didattico, sociale e formativo dell'università.

Per Arianna, 14 anni, con i cambiamenti apportati dalla Gelmini, non si fa altro che allontanare gli studenti da un'università che non è più definibile pubblica, che diventa sempre più un luogo di formazione professionale e che viene sempre più "sorpassata" dalle università private. 

Angela, 26 anni, afferma: «si tratta solo di una riorganizzazione della scuola ai fini di risparmio soldi e diminuzione dell'offerta formativa».

 

Alla domanda "Qual è la tua opinione?", Angelica, 20 anni, ha risposto: «non si può esprimere un parere generale su una riforma così ampia, è necessario suddividere le cose. Per quanto mi riguarda, in linea di massima, non posso assolutamente affermare di essere favorevole a questa riforma perché è palese che danneggia studenti ricercatori. Tuttavia ammetto che non considero tutto errato, dato che ci sono alcuni punti che condivido e che continuerò a condividere se saranno davvero rispettati».

Rosa, 28 anni, è scettica sulla effettiva realizzazione di quanto previsto dalla Legge, dalla promozione della meritocrazia, alla riduzione degli sprechi.

Per Angelica, prima dell'approvazione in senato, andava modificato l'obbligo per ogni ateneo di un massimo di dodici facoltà con la relativa chiusura di diversi corsi di laurea: «Questo infatti danneggia fortemente noi studenti limitando la scelta del nostro futuro». Arianna: «Sinceramente? Io la rifarei punto e daccapo... Una riforma che serva davvero a migliorare l'università, che vada incontro agli studenti. Una riforma che non si serva di slogan per attirare gente e che garantisca davvero il diritto allo studio».

Ma per tutti gli intervistati qualcosa di buono in questa riforma c'è. Per Arianna giusta è l'applicazione in ogni ateneo di un codice etico che possa sconfiggere il sistema dei baroni. Per Angelica corretto è l'obbligo per i professori - come avviene per tutti i lavoratori - di certificare le ore di lezione, oltre che le misure per fermare "parentopoli". Rosa vede del buono nell'intenzione di ridurre le spese inutili oltre che nella riorganizzazione interna degli atenei. Angela è favorevole alle nuove modalità di reclutamento dei professori: in questo modo si dovrebbe far primeggiare la meritocrazia. Drastico, invece, Francesco che, alla domanda su cosa ci sia di giusto in questa riforma, risponde: «Nulla. Non credo sia giusto creare precarietà, disagio, e meno opportunità ad una generazione che dovrebbe esser aiutata più che demoralizzata».

 

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