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Nuntio Vobis
mar 28 2018
Auguri di Pasqua PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
mercoledì 28 marzo 2018
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La Risurrezione di Cristo solleva la nostra terra, questo pianeta di tombe,
 
verso un mondo nuovo, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno,

dove gli imperi fondati sulla violenza crollano,

e sulle piaghe della vita si posa il bacio della speranza.

Pasqua è il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia.

Balbettiamo, come gli evangelisti, che per tentare di raccontarla si fecero piccoli,

non inventarono parole, ma presero in prestito i verbi delle nostre mattine,

svegliarsi e alzarsi: si svegliò e si alzò il Signore.

Ed è così bello pensare che Pasqua, l'inaudito, è raccontata con i verbi semplici del mattino, di ognuno dei nostri mattini,

quando anche noi ci svegliamo e ci alziamo.

Nella nostra piccola risurrezione quotidiana.

 
Quel giorno unico è raccontato con i verbi di ogni giorno.

Pasqua è qui, adesso.

Ogni giorno, quel giorno.

Perchè la forza della Risurrezione non riposa finchè non abbia raggiunto l'ultimo ramo della creazione,

e non abbia rovesciato la pietra dell'ultima tomba.
BUONA PASQUA!
 
Don Marino, don Alessandro
e la redazione del sito e della pagina facebook
 
mar 28 2018
Sabato santo PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Redazione   
mercoledì 28 marzo 2018

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IL TEMPO CHE VERRÀ

 

Nel 2012, Arisa prestava la sua intensa voce a un testo particolarmente riflessivo. Il suo titolo è Il tempo che verrà. Una musica lieve accompagna parole di meditazione.

 

La canzone offre una bella occasione per rileggere i propri giorni. Rileggere quel tempo che «è guaritore» e, come «un fiume in piena porta tutto via con sé». Tempo davanti al quale fare un «bilancio di questo lungo viaggio».

 

Penso all'esperienza di Gesù di Nazaret. Il Sabato santo è il giorno che sigilla il suo fallimento. Dopo una morte ignobile, eccolo silente, in una tomba scavata nella roccia.

 

Il Sabato santo è un giorno di bilanci. Non so se lo sia stato per Gesù. Probabilmente lo è stato per i suoi discepoli e le sue discepole. Attarriti davanti ad una morte che hanno subito senza capirla. Forse potrebbe esserlo per noi.

 

Mi pare che il criterio offertoci dalla canzone di Arisa abbia un suo perchè: «Quello che spero è di aver donato un po' di me». Il criterio del dono resta l'unico davanti al quale fare un serio bilancio dei propri giorni.

 

Se hanno avuto senso è perchè abbiamo lasciato la nostra traccia, la nostra firma, il nostro profumo. Che profumo è stato? Di fresco? Di pulit? Di vita? Di giustizia? Di dono?

 

Certamente i giorni di Gesù hanno lasciato la loro scia di fiducia in un mondo possibile. Speranza da accogliere, condividere e costruire. Speranza che chiede le nostre mani e il nostro cuore.

 

La canzone va oltre. Ci accompagna ad allargare lo sguardo verso il futuro, poichè il nostro è un tempo «che cerca eternità». E oggi, forse più di ogni altro giorno, questa ricerca si fa intensa e affannosa, davanti alla porta chiusa di quella tomba.

 

Ma l'esperienza di Gesù non finisce davanti a quella porta sbarrata e silente. Oggi è solo un giorno di sosta. Chissà se, tra i vari preparativi per la festa di domani, il lavoro e gli impegni familiari, oggi troverai un po' di tempo per fermarti. 

 

Forse in compagnia di questa canzone, per guardare il tempo che è venuto e quello che verrà. E rileggervi i segni della presenza amante di Dio. Anche nelle notti dei nostri silenzi. Anche nel tempo che ci è parso muto d'amore. Anche negli incontri che ci hanno ferito e forse deluso.

 

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mar 28 2018
Auguri di Pasqua dall'Arcivescovo PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Redazione   
mercoledì 28 marzo 2018
 
Video messaggio di auguri dell'Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci per la Pasqua 2018
 

 

 

 

«Auguro una Santa Pasqua a tutti!

Questa Pasqua sia segnata da un grande amore alla Passione di Gesù, all'Eucaristia e ai poveri.

Ci ha aiutato in particolare quest'anno un sacerdote originario di Bari, incardinato nella Diocesi di Bari, don Ambrogio Grittani che ha dedicato tutta la sua vita agli "accattoni", ai poveri: non si può vivere l'amore al Signore senza amare la "carne di Cristo". Papa Francesco ha detto che la "carne di Cristo" sono i poveri, riprendendo tutta una tradizione patristica della Chiesa.

Viviamo quindi questi giorni contemplando Gesù Crocifisso, il "Povero" per eccellenza e amando i nostri fratelli, sacrificando qualcosa del nostro denaro e dei nostri beni per vivere così la gioia Pasquale.

Buona Pasqua a tutti»!

 
 
mar 27 2018
Venerdì Santo PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Angela Fariello   
martedì 27 marzo 2018

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Purità e purezza

 

 Cosa intendiamo esattaamente quando parliamo di purezza?

Mi piacerebbe rivolgere questa semplice domanda a chi volle processare e far condannare Gesù. Dopotutto si trattava di giudei esperti di teologia e spiritualità

 

Vorrei seguirli, oggi, mentre si muovono convulsamente con Gesù, prigioniero legato e umiliato. Mi rendo conto che sono troppo occupati per ascoltare le mie domande. Mi accontenterò di restare in silenzio ad osservarli.

 

Eccoli lì. Guarda cosa fanno:

 «Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio.
Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio,
per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua»
(Gv 18,28)

 

Non ti sembra tutto più chiaro adesso? Mentre trascinano Gesù dalla casa del sommo sacerdote verso il pretorio, hanno una chiara preoccupazione. Non vogliono varcare la soglia del romano pretorio, luogo impuro.


Devono infatti poter
mangiare la Pasqua, celebrare una festa. Devono restare puri. Questa fotografia la dice lunga su cosa hanno nel cuore. Su cosa pensano della purezza.

 

Mentre si dimenano febbrilmente perchè un innocente sia condannato, si preoccupano di restare puri per la festa. Non si preoccupano della purezza ma della purità.

 

La prima è la trasparenza del cuore, la libertà che apre all'ampre e al sostegno reciproco. La seconda, la purità, è il requisito giuridico per poter essere ammessi o meno ad un rito.

 

Non voglio condannare quei giudei. Vorrei solo maturare questa competenza. Invece di celebrare una festa vorrei imparare a celebrare la vita. 

 

UN CUORE PURO

 

Un cuore puro è dono di Dio. È un cuore sintonizzato sulla vita vera. Su quella che si agita vibrante dentro di me. E su quella che anima chi incontro.

Chiediamo insieme, al Signore, di donarci un cuore puro.

Negli incontri casuali, dammi, Signore, un cuore vero!
Negli impegni di ogni giorno, damm, Signore un cuore vero!
Nelle relazioni della mia vita, dammi Signore un cuore vero!
Nei momenti faticosi, dammi, Signore, un cuore vero!
Nel tempo della gioia, dammi, Signore, un cuore vero!
Quando perdo la speranza, dammi, Signore, un cuore vero!
Quando sento che sei con me, dammi, Signore, un cuore vero!

 

Fonte: " In cammino, Pasqua 2018", di Annamaria Corallo, Edizioni EDB

 

 

 
mar 25 2018
Giovedì santo PDF Stampa E-mail
Riflessioni
Scritto da Redazione   
domenica 25 marzo 2018

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INIZIO E FINE

 

Era circa il 330 a.C. e il grande filosofo Aristotele ci consegnava un geniale trattato sull'arte della narrativa. Il titolo è un chiaro proclama di intenti: Poetica.

 

Uno dei punti saldi della sua cavillosa analisi è presto detto: la tragedia deve avere un principio, una parte centrale e una fine. Questa dichiarazione, nella sua lapalissiana evidenza, ci lascia piuttosto stupiti.

 

Occorreva il genio di Aristotele per dirci che una storia inizia e finisce? Evidentemente sì. Perchè pare che i geni siano quelli che riescono a dire con chiarezza disarmante ciò che tutti vedono e sanno, ma non hanno detto ancora compiutamente.

 

Però va detta una cosa che Aristotele ha forse sottovalutato. Ci sono storie che iniziano dalla fine. O, meglio, che iniziano quando tutti sembra ormai finito.

 

È  il caso della vicenda di Gesù di Nazaret. La sua nascita è raccontata nei Vangeli. Ma con essa non comincia poi granchè: solo la vita di Gesù. Gli eventi che hanno segnato il suo percorso umano, hanno aperto strade e ne hanno chiuse altre. Ma sono stati inizi incerti.

 

Poi Gesù fa una cena. Che è l'ultima. Così continuiamo a chiamarla a distanza di secoli. Eppure quella che doveva essere una conclusione apre una storia inedita.

 

Intorno a una mensa di vacillanti discepoli, Gesù dona il germe della vita nuova. Spezza il pane e versa il vino, segni eloquenti di un dono totale di sè. Veste l'abito del servo, per lavare i piedi, perchè sia inaugurato un servizio che accoglie e rilancia.

 

L'ultima cosa che Gesù fa con i suoi, fu colorata di novità e di eternità, come dice la colletta della celebrazione di oggi, precisando che Gesù, in quella cena

 

«Affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio,
convito nuziale del suo amore».

 

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